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venerdì 20 dicembre 2013

William Shakespeare: belva


Nelle ultime scene del film "A trenta secondi dalla fine (link)"


 appare questa frase tratta dal "Riccardo III" di William Shakespeare:

"Non c'è belva tanto feroce che non abbia un cuore e qualche senso di pietà. Ma io non ne ho alcuno, sicché non sono una belva."

lunedì 16 dicembre 2013

Bertrand Russel: leggere un libro


"Esistono due motivi per leggere un libro: uno, perché vi piace, e l'altro, che potrete vantarvi di averlo letto."
Bertrand Russell

Proverbio indiano: denaro



“Quando avrete abbattuto l'ultimo albero, quando avrete pescato l'ultimo pesce, quando avrete inquinato l'ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro”.

(Attribuita a Toro Seduto)

domenica 15 dicembre 2013

Mi sento piccolo piccolo ... ma so di essere unico e grande !


Mi ha colpito molto questo sito sull'universo.

Fa riflettere sull'effettiva dimensione della nostra terra e dei nostri problemi, intesi come i problemi di tutte le sicuramente numerose civilta' esistenti.

giovedì 12 dicembre 2013

Alessio Villarosa: intervento alla camera


Queste parole ed il modo in cui sono state dette mi fanno dimenticare i numerosi momenti di scoraggiamento che mi pervadono quando penso alla nostra classe politica.

 http://www.youtube.com/watch?v=ArGyZxGRMIw

martedì 3 dicembre 2013

Aleksandr Herzen - Lavoro che abbrutisce la maggioranza

“Tutta la nostra educazione, il nostro sviluppo letterario e scientifico, il nostro amore per ciò che è raffinato, le nostre preoccupazioni, presuppongono un terreno costantemente ripulito da Altri, preparato da Altri; è indispensabile il lavoro di Qualcuno affinchè noi possiamo avere il tempo libero necessario al nostro sviluppo psichico, quel tempo libero, quell’ozio attivo, che permette al pensatore di concentrarsi, al poeta di sognare, all’epicureo di godere, che favorisce lo sviluppo opulento, capriccioso, poetico, ricco, delle nostre individualità aristocratiche. (….) La nostra civiltà è la civiltà di una minoranza, è possibile solo grazie al lavoro che abbrutisce la maggioranza“

Aleksandr Herzen

giovedì 14 novembre 2013

Sergio Di Cori Modigliani: il cittadino attivo




Mi piace molto questo estratto dell'articolo di Sergio Di Cori Modigliani che definisce il "cittadino attivo" e che a mio avviso puo' anche essere denominato "onesta' intellettuale"

Articolo originale
...

Quindi, come si fa a sapere che cosa ha detto o non ha detto la Corda?

Ecco in che cosa consiste l'esercizio di cittadinanza attiva: si va a vedere su youtube la ripresa video del suo intervento, quella autentica, senza aggiunte e senza tagli. Si compie, quindi, un'azione (da cui l'aggettivazione "attiva") senza far caso alla didascalia, nè a quella che la esalta nè a quella che la contesta. Dopo averlo visto ci si pensa su. Magari, se è il caso, lo si rivede un'altra volta, lo si studia e si ottiene una idea, un giudizio, una opinione, che è frutto della riflessione della propria mente, quindi è originale. Quando si partecipa, poi, al dibattito, si porta avanti la propria argomentazione magari citando la frase al minuto 1,23 o 2,41 inserita nel suo contesto generale. Questo presuppone un meccanismo attivo.
Chi non lo vuole fare che stia zitto.

...



mercoledì 13 novembre 2013

Alessio Mannino: PROPAGANDA E MANIPOLAZIONE. FACILE FACILE


DI ALESSIO MANNINO
ilribelle.com

Grande Fratello imbonitore, dacci oggi la nostra propaganda quotidiana. Attraverso i cosiddetti “fatti” che ci vengono propinati dopo un opportuno trattamento Ludovico(1), subiamo ogni giorno un inconscio lavaggio del cervello. Inconscio per il terminale-consumatore di notizie-merci, non certo per i suoi fabbricatori. Ho provato a condensare in 11 punti i fondamentali della tecnica manipolatoria della propaganda politica, una derivazione del marketing commerciale.

Principio della semplificazione e del nemico unico

E’ necessario adottare una sola idea, un unico simbolo. E, soprattutto, identificare l’avversario in un nemico, nell’unico responsabile di tutti i mali. 

Principio del metodo del contagio 

Riunire diversi avversari in una sola categoria o in un solo individuo. 

Principio della trasposizione 

Caricare sull’avversario i propri errori e difetti, rispondendo all’attacco con l’attacco. Se non puoi negare le cattive notizie, inventane di nuove per distrarre. 

Principio dell’esagerazione e del travisamento 

Trasformare qualunque aneddoto, per piccolo che sia, in minaccia grave. 

Principio della volgarizzazione 

Tutta la propaganda deve essere popolare, adattando il suo livello al meno intelligente degli individui ai quali va diretta. Quanto più è grande la massa da convincere, più piccolo deve essere lo sforzo mentale da realizzare. La capacità ricettiva delle masse è limitata e la loro comprensione media scarsa, così come la loro memoria. 

Principio di orchestrazione 

La propaganda deve limitarsi a un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza dubbi o incertezze. Da qui proviene anche la frase: “Una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità”.

Principio del continuo rinnovamento 

Occorre emettere costantemente informazioni e argomenti nuovi (anche non strettamente pertinenti) a un tale ritmo che, quando l’avversario risponda, il pubblico sia già interessato ad altre cose. Le risposte dell’avversario non devono mai avere la possibilità di fermare il livello crescente delle accuse. 

Principio della verosimiglianza 

Costruire argomenti fittizi a partire da fonti diverse, attraverso i cosiddetti palloni sonda, o attraverso informazioni frammentarie. 

Principio del silenziamento 

Passare sotto silenzio le domande sulle quali non ci sono argomenti e dissimulare le notizie che favoriscono l’avversario. 

Principio della trasfusione 

Come regola generale, la propaganda opera sempre a partire da un substrato precedente, si tratti di una mitologia nazionale o un complesso di odi e pregiudizi tradizionali. Si tratta di diffondere argomenti che possano mettere le radici in atteggiamenti primitivi. 

Principio dell’unanimità 

Portare la gente a credere che le opinioni espresse siano condivise da tutti, creando una falsa impressione di unanimità. 

Ps: vi ho manipolati. Cioè ingannati. Non è farina del mio sacco. Questi, secondo uno studio, sono gli 11 princìpi (2) di Joseph Goebbels, genio della persuasione di massa. All’insegna del motto: «controlla le masse senza che esse lo sappiano», assioma fondamentale dell’inventore del marketing, Edward Bernays (3), altro stregone moderno.

Alessio Mannino
www.ilribelle.com
25.10.2013

1) http://it.wikipedia.org/wiki/Arancia_meccanica_%28film%29
2) http://www.poli.edu.co/polimedios/pdfs/JOSEPH%20GOEBBELS%20guion%20exposicion.pdf
3) http://www.disinformazione.it/propaganda.htm 

mercoledì 6 novembre 2013

Lorenzo de’ Medici: chi vuol esser lieto, sia ...


CANZONA DI BACCO
        Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza
.
...

Andrea: commento ad un articolo



Carlo,

colgo l'occasione per ricordarti che, a mio avviso e di altri milioni di italiani, il M5S e' l'unica alternativa anche se non esente da possibili miglioramenti.

Continua a cercare la "pagliuzza" sul M5S non esentandoti pero' dal cercare anche la "trave" negli altri partiti.

... e facendo poi una opportuna e non piu procrastinabile valutazione di merito !

mercoledì 30 ottobre 2013

Jim Morrison: maschera


E’ meglio essere odiati
per ciò che siamo,
che essere amati per
la maschera che portiamo


Jim Morrison

sabato 12 ottobre 2013

Bertrand Russel: paura del pensiero


L’uomo ha più paura del pensiero che di ogni altra cosa al mondo: più della propria rovina, persino più della morte. Il pensiero è sovversivo e rivoluzionario, distruttivo e terrificante; il pensiero è implacabile nei confronti del privilegio, delle istituzioni ufficiali, delle comode abitudini; il pensiero è anarchico e senza legge, indifferente all’autorità, incurante della ben collaudata saggezza del passato. Il pensiero affonda lo sguardo nell’abisso dell’inferno e non se ne ritrae spaventato. Il pensiero vede l’uomo, debole frammento, immerso in oceani senza fondo di silenzio; e tuttavia non rinuncia la proprio orgoglio, e resta impassibile come se fosse il signore dell’universo. Il pensiero è grande, veloce e libero, è la luce del mondo, è la suprema gloria dell’uomo.
Ma, perchè il pensiero divenga possesso di molti, anzichè privilegio di pochi, dobbiamo farla finita con la paura. E’ la paura a impastoiare gli uomini: il timore che le loro amate credenze si rivelino illusorie, che le istituzioni grazie alle quali campano si dimostrino dannose, che essi stessi si manifestino meno meritevoli di rispetto di quanto non avessero supposto. ” E’ ammissibile che il lavoratore abbia atteggiamenti da libero pensatore nei confronti della proprietà? E che cosa ne sarà di noi i ricchi? E’ ammissibile che il giovane la pensi liberamente in materia di sesso? E che ne sarà della morale? E’ ammissibile che i soldati la pensino liberamente in merito alla guerra? E che ne sarà della disciplina militare? Facciamola finita con il pensiero! Si rientri nelle tenebre del pregiudizio, per tema che la proprietà, la morale e la guerra siano messe a repentaglio! Piuttosto che i loro pensieri siano liberi, è meglio che gli uomini siano stupidi, infingardi, tiranni. Infatti, se i loro pensieri fossero liberi, non penserebbero come noi, e questa calamità deve essere evitata a ogni costo. ” Così ragionano, nelle profondità inconscie del loro animo, gli avversari del pensiero, e così agiscono nelle loro chiese, nelle loro scuole, nelle loro università.
Bertrand Russel

mercoledì 25 settembre 2013

Marco Tullio Cicerone: i traditori


"Una nazione può sopravvivere ai suoi imbecilli ed anche ai suoi ambiziosi, ma non può sopravvivere al tradimento dall'interno. Un nemico alle porte è meno temibile perché mostra i suoi stendardi apertamente contro la città. Ma per il traditore che si muove tra quelle, la porta è aperta, il suo mormorio si sposta dalle strade alle sale del governo stesso. Perché il traditore non sembra un traditore. Parla una lingua che è familiare alle sue vittime ed usa il loro volto e le loro vesti, appellando alle profondità del cuore umano. Marcisce il cuore di una nazione; lavora in segreto come un estraneo nella notte, per abbattere i pilastri della nazione, infetta il corpo politico in modo inesorabile". 

Marco Tullio Cicerone

Giorgio Gaber: se ci fosse un uomo


Se ci fosse un uomo
un uomo nuovo e forte
forte nel guardare sorridente
la sua oscura realtà del presente.

Se ci fosse un uomo…

Forte di una tendenza senza nome
se non quella di umana elevazione
forte come una vita che è in attesa
di una rinascita improvvisa.

Se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo generoso e forte
forte nel gestire ciò che ha intorno
senza intaccare il suo equilibrio interno
forte nell'odiare l'arroganza
di chi esibisce una falsa coscienza
forte nel custodire con impegno
la parte più viva del suo sogno
se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo.

Questo nostro mondo ormai è impazzito
e diventa sempre più volgare
popolato da un assurdo mito
che è il potere.
Questo nostro mondo è avido e incapace
sempre in corsa e sempre più infelice
popolato da un bisogno estremo
e da una smania vuota che sarebbe vita
se ci fosse un uomo.

Se ci fosse un uomo.
Se ci fosse un uomo.

Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo
col desiderio che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo al centro della vita.

Allora si potrebbe immaginare un neo rinascimento
un individuo tutto da inventare
in continuo movimento.
Con la certezza
che in un futuro non lontano
al centro della vita ci sia di nuovo l’uomo.

[parlato] Un uomo affascinato da uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da corpi e da anime gioiose che sanno entrare di slancio nel cuore delle cose
popolato di fervore e di gente innamorata ma che crede all'amore come una cosa concreta
popolato da un uomo che ha scelto il suo cammino senza gesti clamorosi per sentirsi qualcuno
popolato da chi vive senza alcuna ipocrisia col rispetto di se stesso e della propria pulizia.
Uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da un uomo talmente vero che non ha la presunzione di abbracciare il mondo intero
popolato da chi crede nell'individualismo ma combatte con forza qualsiasi forma di egoismo
popolato da chi odia il potere e i suoi eccessi ma che apprezza un potere esercitato su se stessi
popolato da chi ignora il passato e il futuro e che inizia la sua storia dal punto zero.
Uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da chi è certo che la donna e l'uomo siano il grande motore del cammino umano
popolato da un bisogno che diventa l'espressione 
di un gran senso religioso ma non di religione
popolato da chi crede in una fede sconosciuta dov'è la morte che scompare quando appare la vita
popolato da un uomo cui non basta il crocefisso ma che cerca di trovare un Dio dentro se stesso.

Allora si potrebbe immaginare
un umanesimo nuovo
con la speranza di veder morire
questo nostro medioevo
col desiderio 
che in una terra sconosciuta
ci sia di nuovo l'uomo
al centro della vita.

Con la certezza 
che in un futuro non lontano
al centro della vita
ci sia di nuovo l'uomo.

lunedì 9 settembre 2013

George Orwell: lo scopo della guerra



Lo scopo della guerra non è quindi di carattere economico, ma
serve a fare in modo di consumare nelle spese militari gran
parte delle risorse che altrimenti servirebbero a rendere più
ricca e intelligente la vita dei cittadini. La distruzione
della bellezza, inoltre, allontana dai pensieri spirituali e
ci rende più vuoti dentro predisponendoci ad una mentalità
consumistica e materialista come vogliono i potentati moderni.
Infine è determinante l’alterazione ed il controllo della
storia ottenuto tramite la distruzione dei documenti che
testimoniano una realtà passata migliore di quella attuale.
Così i dati sulle epoche precedenti o vengono modificati a
piacimento oppure cancellati completamente dalla memoria
storica. L’obiettivo è quello di non dare agli uomini termini
di confronto e far credere loro di trovarsi nel miglior stato
possibile, nel miglior mondo possibile.
Altro mezzo utilizzato dal Grande Fratello per perseguire i
propri scopi è quello della perenne guerra contro le due
potenze mondiali. La guerra descritta è in realtà solo un
pretesto, uno strumento per controllare la popolazione più
povera. “In conformità ai principi del bipensiero, non ha
importanza che la guerra ci sia davvero o che, essendoci la
vittoria, sia impossibile. Lo scopo della guerra non è la
vittoria ma la continuità. Lo scopo della guerra è la
distruzione da quanto prodotto dal lavoro umano.
Una società gerarchica è possibile solo sulla base della
povertà e dell’ignoranza. Come principio lo sforzo bellico
è sempre programmato per tenere la società alla soglia della
fame. La guerra è scatenata dal gruppo dominante contro i
suoi stessi soggetti. E lo scopo non è la vittoria contro
l’Eurasia o l’Estasia, ma di far rimanere intatta la
struttura della società.” ~ George Orwell 1984

lunedì 2 settembre 2013

Silvio Pellico: ciò che fermamente si tiene per importante verità



“Che importa il baldanzoso vigore d'opinioni accreditate, ma senza fondamento? È vero che uno zelo intempestivo è indiscrezione, e può maggiormente irritare chi non crede. Ma il confessare con franchezza, e modestia ad un tempo, ciò che fermamente si tiene per importante verità, il confessarlo anche laddove non è presumibile d'essere approvato, né d'evitare un poco di scherno, egli è preciso dovere. E siffatta nobile confessione può sempre adempirsi, senza prendere inopportunamente il carattere di missionario.” 

Silvio Pellico – Le mie prigioni -

lunedì 19 agosto 2013

Nisargadatta Maharaj: essere


“Se avete bisogno di tempo per riuscire, il vostro scopo non può essere che falso. La realtà è sempre con voi; non è necessario aspettare per essere ciò che voi siete.” 

Nisargadatta Maharaj

giovedì 15 agosto 2013

Dante: ignavi



« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".
Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa". »
(Dante Alighieri, Inferno III, 31-51)

domenica 11 agosto 2013

George Orwell: al di la' del naso




"Vedere ciò che sta di fronte al proprio naso richiede uno sforzo costante"
George Orwell

domenica 4 agosto 2013

Lee Marshall: Elogio dei fatti

Ci sono i fatti, e c’è il rumore intorno ai fatti. I fatti sono questi.
Un noto imprenditore italiano ha ideato, verso la fine degli anni ottanta, “una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale”, “un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali”, grazie a cui è riuscito a mettersi da parte, per anni, anche quando è entrato in politica, anche quando è diventato primo ministro, “un’immensa disponibilità economica all’estero, ai danni non solo dello stato ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore”. Questo verdetto di primo grado è stato confermato in ben due gradi di appello, in un sistema giuridico tripartito che, ricordiamolo, offre garanzie e tutele all’imputato come in pochi altri paesi al mondo.
Forse è utile ricordare come funzionava questa frode. Perché se i fatti sono importanti, lo sono anche i dettagli dei fatti. Funzionava così. L’imprenditore in questione, Silvio Berlusconi, era a capo di una società che, tra le sue altre attività, possedeva tre canali televisivi di copertura nazionale. Per riempire i palinsesti di questi tre canali e per aumentare l’audience, servivano anche dei film stranieri, soprattutto statunitensi. I diritti televisivi dei film vengono comprati, a prezzi trattabili, come ogni altra merce.
Di solito, si cerca di comprare una merce al prezzo più basso possibile. Però può anche essere nell’interesse di un imprenditore dichiarare un prezzo di acquisto alto perché gli acquisti figurano come perdite, e le perdite diminuiscono l’ammontare delle tasse da pagare a fine anno. Sarebbe bello, si sarà detto l’imprenditore, se potessi pagare poco ma dichiarare tanto, se potessi avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Detto fatto. Vale la pena riportare per intero la parte della sentenza della corte di appello che riassume il meccanismo della frode, perché sono frasi di elegante lucidità:
“I diritti di trasmissione televisiva, provenienti dai produttori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest, venivano sottoposti a una serie di passaggi infra gruppo, o con società solo apparentemente terze, giungevano poi a una società maltese che, infine, li cedeva alle società emittenti. I passaggi erano funzionali solo a una artificiosa lievitazione di prezzi”.
Ribadisco: non è una tesi, sono cose realmente accadute. Dunque, per riassumere: un imprenditore italiano, trasformatosi in uomo politico, ha defraudato il fisco italiano, nel corso di circa 15 anni, di una cifra stimata in 368 milioni di dollari. Ha continuato la frode perfino quando era il primo ministro del paese che stava rendendo più povero.
Questi sono i fatti. Il resto è solo rumore.

martedì 9 luglio 2013

David Thoreau: denaro e onestà


"Se ci fosse chi riesce a vivere senza mai servirsi del denaro, lo Stato esiterebbe a chiedergliene. Ma il ricco, per non fare paragoni spiacevoli, è sempre colluso con l'istituzione che lo fa ricco. In termini assoluti, più soldi corrispondono a minor virtù, poiché il denaro si insinua tra l'uomo e i suoi obiettivi e glieli ottiene, però a scapito della sua onestà"

Henry David Thoreau, da "Disobbedienza civile"

martedì 11 giugno 2013

Karl Marx - Violenza


"Finchè la violenza di Stato si chiamerà giustizia, la giustizia del popolo si chiamerà violenza".
Karl Marx

Joseph Pulitzer : informazione


«Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema.
Perché a essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie,la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo.»Joseph Pulitzer 

Bertrand Russel : felicità



La mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felicità.
Bertrand Russell

martedì 28 maggio 2013

Leonardo Sciascia - Uomini e ...


« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »

Il giorno della civetta - Leonardo Sciascia

sabato 25 maggio 2013

Don Andrea Gallo: dimmi chi escludi e ti dirò chi sei !




E’ forte la commozione per la morte di Don Andrea Gallo, deceduto ieri a 84 anni nella casa della sua comunità San Benedetto al Porto, a Genova, dov’era assistito da una settimana.
Sul suo feretro, esposto nella camera ardente della chiesa di San Benedetto al Porto, sono deposti la Bibbia e la Costituzione. Il Sacro e il profano, un binomio che connotava il suo impegno sociale e il suo ideale religioso.
Ma vi sono anche uno dei suoi sigari, il suo cappello, la sua sciarpa rossa, la bandiera dell’Associazione Nazionale Partigiani, quella della pace e quella del Genoa. Mentre accanto al feretro è appoggiata una croce di ferro avuta in dono dai ragazzi della nave-riformatorio Garaventa, che reca la scritta: “Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei”.

http://www.direttanews.it/2013/05/23/don-gallo-dimmi-chi-escludi-e-ti-diro-chi-sei-la-bibbia-e-la-costituzione-sul-suo-feretro-esposto-a-san-benedetto-al-porto/

mercoledì 22 maggio 2013

Longevita', Patologia Sociale


DI GUIDO CERONETTI
ilfattoquotidiano.it

Caro direttore: longevità, patologia individuale e sociale. Ma sfoghiamoci almeno a dirla, qualche verità malvista! Vivere oltre un certo limite è subire un lento, prolungato, implacabile martirio. 
Quanto viveva il pre-uomo dei paleontologi? Se arrivava a vent'anni era molto, poi qualche animale selvatico con denti enormi s'incaricava di togliergli le pulci. Milioni d'anni di vita breve ci hanno educati a comprendere meravigliosamente l'infinita sacralità della morte, a collocare la reale durata della vita in un ignoto Altrove. Un mattino del secolo in cui gli attuali longevi sono nati, ci siamo svegliati, ed ecco la sacralità della morte era sparita, il suo nome diventato impronunciabile, un delirante apparato medico-chirurgico a sbranarne i resti, a far vivere in coma di spavento senza limiti di durata uno stuolo di sventurati Ariel Sharon, una moltitudine di sventurate Englaro. 

La morte desacralizzata si vendica: “Ah, avete cambiato le regole, e allora godetevi l'accanimento, le dialisi senza fine, gli Alzheimer senza barlume, i trapianti d'organi strappati a ragazzini sani venduti per fame e trafficanti da immonde Tortughe di malavita!”. 

Un segno di disumanità della cosiddetta politica, uno dei tanti: non preoccuparsi che dei giovani, senza altro saper fare per loro che condannarli al lavoro, al salario, alle riunioni di condominio, a riprodurre in anime innocenti l'infelicità e i vizi dei loro padri e madri. Ma ehi, la Vita, cosa dichiari ai controlli? Questa moltiplicazione insensata e tragica di vecchiaie perché non entra nelle diagnosi dei predicanti? Fino a qualche anno fa, nelle città nostre e d'Occidente, il mio stesso invecchiare senza difficoltà deambulatorie mi rendeva orbo di fronte all'impressionante quantità di gente invalida per schiena e gambe, in avanzata senescenza, tutti sostenuti o sospinti da parenti o da badanti, sguardi gonfi di tristezza, facce oscurate dall'istupidimento. Gli cedevo il passo, ma li vedevo come da un cannocchiale rovesciato, reduci tutti da uno struggle-for-life che non risparmia nessuno. Adesso, diventato uno di loro, sbendato dal velo d'Iside, li vedo, che a metterli in fila l'autostrada del sole non basterebbe. E tutti ci curiamo per durare di più, perché tutta la ricerca, minimamente interessata alla restitutio in integrum dell'essere umano, è massimamente occupata dalla conservazione indefinita di corpi malati in condizioni esistenziali e ambientali che non abbiano speranza di migliorare. Perciò la vecchiaia è la patologia sociale per antonomasia; una società che non voglia essere di assassini legali è obbligata a farsene carico, e allora l'assassinio assume la grinta dell'assistenza seminegata, tinta o impregnata di sadico, gridante carenze sempre, o fondata sulle possibilità individuali di spendere senza limiti il risparmiato. Ma l'essere o no maltrattati o mal-tollerati dipende da più o meno di sfortuna; va meglio in rari casi di affetti perduranti, di simpatia alonante. Il desiderio erotico residuale è una variante in più di martirio, per la sua tantalica insoddisfacibilità. 

La nostra longevità ha un risvolto di delitto perché la sperimentazione farmacologica costa lo sterminio di milioni di piccoli, e a volte grandi, animali per museruolare e frenare il Tempo divoratore. Si tratta di torture indicibili, si può dirlo un lavorare degno di un uomo questo bell'incremento di Pil a prezzo di deboli lamenti dietro la parete bianca, rossi semafori di carneficine in corso? 

Nelle case di cura la concentrazione di vecchiaie spezzate dall'anca, dal femore, dal polso, dal gomito, che vedi accompagnate negli ascensori, nei refettori, nelle palestre di riabilitazione, è un continuo pugno di pietà. Esistono esclusivamente per durare e per aver paura di quel che gli accadrà il giorno dopo. I figli li tormentano perché non mangino “quel che gli può far male” e ubbidiscano alle prescrizioni: temono di far trapelare il loro desiderio di accorciargli la vita, perciò li cacciano sempre più spietatamente nella buca senza fondo della perseveranza nel tempo. Amore non ne vedi, è impalpabile o del tutto inesistente negli infernali rapporti familiari, il refrigerio dei sentimenti, della gratitudine manifesta, nella società tecnologica è lingua mozza. I vecchi sono problema e niente, niente, niente altro... 

Un problema. Ma sono stati, quando erano pochi, i venerati, i temuti, i legislatori delle giungle antropòfaghe. “Hai ridato il sonno tu, ai miei occhi”, canta il Coro della città di Tebe a Edipo scoronato. Solo nei bambini sopravvive, forse, nelle famiglie, la facoltà di sentire la potenza magica salvatrice del vecchio. I bambini ignorano che i vecchi sono stati declassati a problema. Insolubile, s'intende. Un problema, riconosciuto insolubile, si riscatta dalla facilità e dalla volgarità. Longevità in eccesso: insolubilità sociale dal volto ambiguo. 

Il bambino, provenendo dal regno dei morti, sente nei vecchi la vicinanza al luogo anteriore del nascimento, e questa è la ragione della sua confidenza, anche per quelli non della sua famiglia. Noi vecchi siamo consapevoli, ogni minuto lo siamo, ed è una tremenda sofferenza trovarsi tuffati nella Rimozione, di essere costretti a fingere che più la nostra vita di penuria e di noia si prolunga, più siamo felici di leccarne le impronte sulla sabbia, che sono le stesse dell'Angelo Sterminatore. Vivere in Morte di Dio è diventato difficilissimo, soltanto gli imbecilli (in verità molto numerosi) non se ne accorgono. 

Dai dialoghi con la Morte nel più famoso film di Ingmar Bergman, Il Settimo Sigillo. Il Cavaliere crociato Antonius Block gioca a scacchi una partita mortale con l'Angelo nero, e gli confida i dubbi che hanno, per quasi novant’anni, tormentato il grande Regista: 

CAVALIERE: Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me in questo modo doloroso e umiliante, anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? Mi ascolti? 

MORTE: Ti ascolto. 

CAVALIERE: Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio che Dio mi sveli il suo volto, che mi parli. 

MORTE: Ma lui tace. 

CAVALIERE: Nelle tenebre io lo chiamo, ma è come non esistesse. 

MORTE: Forse non esiste. 

CAVALIERE: Allora la vita è un assurdo orrore. Nessuno può vivere con la morte davanti agli occhi sapendo che tutto è nulla. 

MORTE: La maggior parte della gente non pensa né alla morte né al nulla. 

Nel tormento del Cavaliere Block, Bergman recupera, entro i limiti del nostro tempo, per quanto ci è dato, la sacralità della morte. L'anno Zero sta venendo per una quantità di cose, ma il germe del loro ritorno è scritto, per la loro inseparabilità dall'essere. Così la Morte di Dio ride, per la sua essenza mortale, a ogni futuro di divinità assenti. Ma una vita ridotta a un “assurdo orrore”, come il Cavaliere dice alla Morte, ed è quella in cui ci hanno conficcati con l'obbligo di non uscirne che ridotti a cadaveri viventi, non può essere pensata e vissuta che come una ossessiva vergogna.
Conferma la verità dell'aforisma di Ennio Flaiano: “Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta”. 

Guido Ceronetti
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

martedì 30 aprile 2013

Alessio Mannino: tutta colpa degli italiani


Italiani di destra e sinistra, vi meritate tutto questo. Vi meritate un governo che non è nient’altro che un Monti bis, solo più furbesco (la ministra di colore, la Convenzione per riforme eterne incompiute, qualche taglietto ridicolo agli stipendi ministeriali) ma ugualmente scientifico nel perseguire la politica economica e sociale dettata dai mercati e dall’Eurocrazia (con la disgustosa retorica del “buon padre di famiglia” evocata dal premier Letta: come se non ricordassimo che fu proprio il suo maestro, Andreatta, l’autore della privatizzazione della Banca d’Italia, che diede la stura istituzionale al debito inestinguibile contrattato nella bisca dei titoli).
Ve la meritate, questa ennesima conferma sfacciata dell’assoluta identità di fondo dei partiti difensori della Repubblica oligarchica. Siete voi che siete andati ancora una volta a legittimare col vostro voto chi non può fare a meno dell’ammucchiata conservatrice, per mantenere il potere e le comode posizioni di privilegio personale e di casta, obbedienti ai padroni Usa e Ue, voi i responsabili oggettivi della cappa di pensiero unico, e ora, nuovamente, di governo unico che ci ritroviamo sulla testa.
Voi che, ragliando beatamente e beotamente gli inni della illusoria guerra elettorale, avete infilato la vostra brava scheda nell’urna, come al solito sperando che la vostra squadra del cuore vinca, ma non vince mai perché la partita è truccata in partenza (leggi elettorali inguardabili, interessi trasversali, patti per tutelarsi a vicenda). Vi fate sempre fregare, e così anche questa volta siete rimasti fregati.
Voi di sinistra che avete votato la coalizione Pd-Sel: complimentoni. Voi democratici ve le bevete proprio tutte, uscite dai gangheri per qualche giorno ma al dunque tornate nei ranghi, lobotomizzati dal mito fasullo, di origine democristiana e comunista, del Partito unica fonte di salvezza. Coprite con la menzogna della “responsabilità” l’acquiescenza pecorona a qualsiasi intruglio parlamentare, fino ad accettare la copula con Berlusconi che era la vostra bestia nera fino a ieri e oggi è diventato l’alleato senza alternative. Siete senza spina dorsale, senza dignità.
Voi sellini cercate di rifarvi una verginità passando all’opposizione, ma la vostra strada è una ed è obbligata: rimettervi assieme a ciò che sta immediatamente alla vostra destra, cioè il Pd o quel che ne resterà. Siete chiacchiere e distintivo.
Voi del PdL potete gongolare: il vostro beniamino e messia Berlusconi è rinato, smentendo tutti coloro, fra cui noi, che lo davano politicamente finito. Ma il berlusconismo è al capolinea, così come il leghismo, la cui carica di rivalsa anti-statale è stata scippata dal grillismo, più fresco e credibile anche se impreparato a farne un uso efficace. Vi crogiolate nel vedere questo vecchio marpione delinquenziale prendersi la sua rivincita e tornare a Palazzo Chigi per interposto Alfano, e tanto vi basta. Il vostro anti-sinistrismo viscerale e quarantottesco? Accantonato in un batter di tacchi, sull’attenti, perché Silvio ha sempre ragione.
Voi leghisti avete toccato il punto più basso della vostra parabola politica: attaccati con le unghie e coi denti alle tre regioni del Nord favoleggiando di una macroregione che mai vedrà la luce, ma che vi terrà buoni e creduloni dopo aver inseguito per decenni paradisi artificiali con nomi sempre nuovi (indipendenza, federalismo, Padania, devolution), avete votato Napolitano al Quirinale e state vivendo il vostro declino stando un po’ dentro e un po’ fuori, né in maggioranza né all’opposizione. Una italianissima e cialtronissima non belligeranza.
Sì, siete tutti voi i colpevoli, voi milioni di boccaloni. Alla fine torniamo sempre lì: agli àpoti di Prezzolini, quelli che non se la bevono. Ma mentre l’indimenticabile e purtroppo dimenticato Prezzo ne faceva motivo per uno scettico distacco dopo anni di battaglie giornalistiche e politiche da italiano inutile quale si sentiva, io penso che la repulsione anzitutto morale che suscitate deve farsi carburante di un’attiva rivolta esistenziale e politica. Compreso un netto, se si vuole aristocratico ma nient’affatto snobistico sentimento di distanza dall’italiano beone e beota che incarnate così bene. No, non è la riedizione della diversità antropologica di berlingueriana memoria, quella sì snob e antisociale (sia pur testimoniato da una militanza Pci che appunto fino a Berlinguer poteva dirsi di una serietà impeccabile), né tanto meno intolleranza livellatrice di ascendenza fascista. La differenza consapevole di cui sto parlando non è ostentato e sprezzante complesso di superiorità, perché voi, comportandovi come vi comportate, avete la colpa di tradire i vostri stessi interessi, che sono quelli dei molti contro i pochi, del popolo contro la cricca. Non siete “nemici di classe” come pensavano quei tardoni dei tardo-marxisti, né “antinazionali” da purgare e bandire dalla vita civile com’era prassi per i gorilla fascistoni.
Voi, plaudendo alla sceneggiata partitocratica, siete i peggiori nemici di voi stessi. 

lunedì 29 aprile 2013

Dario Fo - Piovono pietre



"Ci risiamo, piovono pietre! E’ straordinario: tutte le volte che mi capita di scrivere o recitare un lazzo grottesco su un personaggio politico della destra e qualche volta anche della sinistra, vengo subito aggredito da una caterva di insulti dai soliti giornali moralmente corretti e dai media in genere. In questo caso lo sberleffo indegno che ho prodotto ha colpito due personaggi che rischiano di venire eletti come ministri o sottosegretari del nuovo governo. Ed ecco che scatta subito il reato di lesa maestà. Il primo da me colpito è stato Brunetta, detto da qualche commentatore sgarbato ‘il petulante di turno’. Il secondo è l’ex Presidente del Senato Schifani. Mi sono permesso di far notare come il suo cognome sia onomatopeico... in quel suo nome c’è già tutto: il rifiuto e il senso di angoscia che procura il suono di questa parola. Schifani.
Cominciamo con il puntualizzare come mi sono espresso nella prima ironia. Di che atto indegno mi sono macchiato?
Ho detto: “Brunetta che giura da ministro? La prima cosa che faccio è cercare un seggiolino per metterlo a livello, all’altezza della situazione. Oppure meglio una scaletta, così se la regola da sé! Sarebbe una gentilezza che si fa a Brunetta, e alla società, per non aver l’angoscia di vedere qualcuno che non ce la fa. Sia chiaro, non è mai gentile approfittare della situazione fisica di un personaggio per denigrarlo perché a noi interessa soprattutto il suo cervello... questa sì che è la dimensione essenziale!
E qui si è spalancata la cupola dei benpensanti e ha avuto inizio la gara dell’indignazione: onorevoli di razza eletti dal popolo sovrano – si fa per dire sovrano! - maître à penser, cronisti di rango e soprattutto la sacra pletora dei politici che in coro si indigna per tanta smaccata protervia comica.
Ma come?! Soltanto qualche giorno fa vi è capitato, cari rappresentanti del popolo, di ascoltare le parole pronunciate proprio nei vostri riguardi dal Presidente della Repubblica in persona che brutalmente lanciava accuse feroci contro di voi e il vostro comportamento nei governi di questi ultimi vent’anni. E voi eravate lì, di fronte a lui, che vi diceva:
Siete di fatto degli ipocriti. Vi siete comportati con irresponsabilità e doppiogiochismo, amici miei! Avete operato con furbizia e avidità di potere...
Ci mancava solo che concludesse con un “Fate schifo”!
E voi con espressione da impuniti con la faccia di tolla, avete esibito sorrisi radiosi e avete applaudito festanti.
Ma il Presidente parlava di voi, del vostro comportamento, e bacchettava feroce la vostra insipienza, l’agire solo per un unico interesse, il vostro e quello della vostra casta.
Nessuno si è battuto manate sulla fronte e sul petto. E’ come se Napolitano parlasse di qualcuno che non era lì seduto davanti a lui ma di altri indegni che stavano fuori ben nascosti.
Ma come si permetteva quel vecchio signore, che voi avevate appena rieletto, di mancarvi così palesemente di rispetto davanti ad ospiti e a giornalisti – e ancor più dinnanzi a tutta la nazione che stava ascoltando quelle parole di fronte alla televisione a reti riunite?
Nessuno che si sia levato in piedi offeso a gridare: “E no, non accettiamo questi insulti, assolutamente non li meritiamo!”, e magari con un gesto davvero epico abbia spostato le sedie e sia uscito dal palazzo masticando parole indignate!
No! Tutti seduti fermi e col viso sereno, soddisfatti del proprio operare davanti a tutta la nazione!
All’istante mi viene in mente “il re è nudo!” gridato da una voce innocente di un bambino nella favola di Andersen che l’aveva scritta proprio per dileggiare il proprio monarca. Il popolo si fece una grossa risata, la corte un po’ meno; ma nessuno mandò insulti all’autore della satira.
Già, ma la favola era ambientata nella Danimarca del Ottocento. Noi da tempo abbiamo perduto il senso dell’umorismo e soprattutto l’ha perduto chi ci governa. Da noi è normale cacciare dal palco o dal video chi fa ironia sul potere.
Ricordo ancora che circa cinquant’anni fa, recitando in televisione, io e Franca - per esserci permessi di far sapere che da noi in Italia esiste la mafia che assassina i sindacalisti a decine e i lavoratori in gran numero e che gli operai che cadono dalle impalcature senza protezione finiscono spiaccicati al suolo - ci siamo visti censurare un’intera trasmissione, Canzonissima, e fummo costretti ad abbandonare la RAI e per sedici anni fummo banditi, puniti come malfattori.
Quindi non temete, potete continuare tranquilli a cacciarci se vi riesce e, come ha richiesto certa stampa, a pretendere che l’Accademia di Svezia ci ritiri il Premio Nobel, ma qui bisogna che vi avverta subito: andate a rischio che in seguito a questo nostro comportamento verso una nazione come è oggi l’Italia ce ne diano un altro di Premio Nobel, con la stessa motivazione del primo. “Questo premio vi è consegnato per aver dileggiato il potere a vantaggio della dignità degli oppressi. Grazie! Continuate così!”.Dario Fo
PS: Ad ogni modo avrete altre possibilità di risentirvi con maggior foga perché fra dieci giorni circa uscirà un intero libro scritto da me e Giuseppina Manin dedicato alla satira dal titolo “Un clown vi seppellirà”. Siamo quasi certi che le persone spiritose si divertiranno... un po’ meno certi politici!