Pagine

giovedì 15 agosto 2013

Dante: ignavi



« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".
Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa". »
(Dante Alighieri, Inferno III, 31-51)

2 commenti:

  1. Lo dedico alla maggior parte dei nostri politici (la p minuscola non e' casuale) ed a molti dei miei colleghi

    RispondiElimina
  2. Ho lavorato per tanti anni e conosciuto molte persone che anche in situazioni di pericolo per la loro salute o di violazioni dei propri diritti preferivano tacere e sopportare. Non so quanto fosse grande il girone dantesco degli ignavi ma so che ogni secolo va ampliato in modo esponenziale.

    RispondiElimina