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martedì 29 settembre 2015

Bertrand Russel: elogio dell'ozio


Come molti uomini della mia generazione, fui allevato secondo i precetti del proverbio che dice « l’ozio è il padre di tutti i vizi ».1 Poiché ero un ragazzino assai virtuoso, credevo a tutto ciò che mi dicevano e fu così che la mia coscienza prese l’abitudine di costringermi a lavorare sodo fino ad oggi. Ma sebbene la mia coscienza abbia controllato le mie azioni, le mie opinioni subirono un processo rivoluzionario. lo penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora. Tutti conoscono la storiella di quel turista che a Napoli vide dodici mendicanti sdraiati al sole (ciò accadeva prima che Mussolini andasse al potere) e disse che avrebbe dato una lira al più pigro di loro. Undici balzarono in piedi vantando la loro pigrizia a gran voce, e naturalmente il turista diede la lira al dodicesimo, giacché il turista era un uomo che sapeva il fatto suo. Nei paesi che non godono del clima mediterraneo, tuttavia, oziare è una cosa molto più difficile e bisognerebbe iniziare a tale scopo una vasta campagna di propaganda. Spero che, dopo aver letto queste pagine, la YMCA2 si proponga di insegna¬re ai giovanotti a non fare nulla. Se ciò accadesse davvero, non sarei vissuto invano.
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Ma questa è soltanto una premessa. lo voglio dire, in tutta serietà, che la fede nella virtù del lavoro provoca grandi mali nel mondo moderno, e che la strada per la felicità e la prosperità si trova invece in una diminuzione del lavoro.
Prima di tutto, che cos’è il lavoro? Vi sono due specie di lavoro: la prima consiste nell’alterare la po¬sizione di una cosa su o presso la superficie della terra, relativamente a un’altra cosa; la seconda consiste nel dire ad altri di farlo. La prima specie di lavoro è sgradevole e mal retribuita; la seconda è gradevole e ben retribuita, ed anche suscettibile di infinite variazioni. Per esempio, non soltanto vi sono persone che dànno ordini, ma anche persone che dànno consigli circa gli ordini che bisogna dare. Di solito due gruppi organizzati di uomini dànno simultaneamente due tipi di consigli opposti: ciò si chiama politica. Questo genere di lavoro richiede un talento particolare che non poggia sulla profonda conoscenza degli argomenti sui quali bisogna esprimere un parere, ma sulla profonda conoscenza dell’arte di persuadere gli altri con la parola o con gli scritti, cioè la pubblicità.
In tutta Europa, seppur non in America, vi è una terza classe di persone, molto più rispettate dei lavoratori delle due categorie. Costoro sono i proprietari terrieri, i quali riescono a far pagare ad altri il privilegio di esistere e di lavorare. I proprietari terrieri sono oziosi, e ci si potrebbe perciò aspettare che io ne tessa gli elogi. Purtroppo il loro ozio è reso possibile soltanto dal lavoro degli altri; dirò di più: il loro smodato desiderio di godersi i propri comodi è l’origine storica del vangelo del lavoro. L’ultima cosa al mondo che essi si augurino è di vedere imitato il loro esempio.
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È ovvio che, nelle comunità primitive, i contadini lasciati liberi non si sarebbero privati dei prodotti in eccedenza a favore dei preti e dei guerrieri, ma avrebbero prodotto di meno o consumato di più. Dapprima fu necessaria la forza bruta per costringerli a cedere. Ma poi, a poco a poco, si scopri che era possibile indurli ad accettare un principio etico secondo il quale era loro dovere lavorare indefessamente, sebbene una parte di questo lavoro fosse destinata al sostentamento degli oziosi. Con questo espediente lo sforzo di costrizione prima necessario si allentò e le spese del governo diminuirono. Ancor oggi, il novantanove per cento dei salariati britannici sarebbero sinceramente scandalizzati se gli si dicesse che il re non dovrebbe aver diritto a entrate più cospicue di quelle di un comune lavoratore. Il concetto del dovere, storicamente parlando, è stato un mezzo escogitato dagli uomini al potere per indurre altri uomini a vivere per l’interesse dei loro padroni anziché per il proprio. Naturalmente gli uomini al potere riescono a nascon¬dere anche a se stessi questo fatto, convincendosi che i loro interessi coincidono con gli interessi dell’uma¬nità in senso lato. A volte ciò è verissimo; i proprietari di schiavi ateniesi, ad esempio, impiegarono parte del loro tempo libero in modo da apportare un contributo di capitale importanza alla civiltà, contributo che non sarebbe stato possibile sotto un sistema puramente economico. L’ozio è essenziale per la civiltà e nei tempi antichi l’ozio di pochi poteva essere garantito soltanto dalle fatiche di molti. Tali fatiche avevano però un valore non perché il lavoro sia un bene, ma al contrario perché l’ozio è un bene. La tecnica moderna ci consente di distribuire il tempo destinato all’ozio in modo equo, senza danno per la civiltà.
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Se il salariato lavorasse quattro ore al giorno, ci sarebbe una produzione sufficiente per tutti e la disoccupazione finirebbe, sempre che si ricorra a un minimo di organizzazione. Questa idea scandalizza la gente perbene, convinta che i poveri non sappiano che farsene di tanto tempo libero.
In America molti uomini lavorano intensamente anche quando hanno quattrini da buttar via; costoro, com’è naturale, si indignano all’idea di una riduzione dell’orario di lavoro; secondo la loro opinione l’ozio è la giusta punizione dei disoccupati; in effetti gli secca di vedere oziare i propri figli. Ma, cosa strana, mentre vorrebbero che i figli maschi lavorassero tanto da non aver il tempo di diventar persone civili, non gli importa affatto che la moglie e le figlie non facciano nulla dalla mattina alla sera. L’ammirazione snobistica per i disutili, che nella società aristocratica si estende ad ambedue i sessi, nella plutocrazia è limitata alle donne, in contrasto sempre più stridente col buon senso.
Bisogna ammettere che il saggio uso dell’ozio è un prodotto della civiltà e dell’educazione. Un uomo che ha lavorato per molte ore al giorno tutta la sua vita si annoia se all’improvviso non ha più nulla da fare. Ma, se non può disporre di. una certa quantità di tempo libero, quello stesso uomo rimane tagliato fuori da molte delle cose migliori. Non c’è più ragione perché la gran massa della popolazione debba ora soffrire di questa privazione; soltanto un ascetismo idiota, e di solito succedaneo, ci induce a insistere nel lavorare molto quando non ve n’è più bisogno.
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Bisogna però dire che, mentre un po’ di tempo libero è piacevole, gli uomini non saprebbero come riempire le loro giornate se lavorassero soltanto quattro ore su ventiquattro. Questo problema, innegabile nel mondo moderno, rappresenta una condanna della nostra civiltà, giacché non si sarebbe mai presentato nelle epoche precedenti. Vi era anticamente una capa¬cità di spensieratezza e di giocosità che è stata in buona misura soffocata dal culto dell’efficienza. L’uomo moderno pensa che tutto deve essere fatto in vista di qualcos’altro e non come fine a se stesso.
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In un mondo invece dove nessuno sia costretto a lavorare più di quattro ore al giorno, ogni persona dotata di curiosità scientifica potrebbe indulgervi. ogni pittore potrebbe dipingere senza morire di fame, i giovani scrittori non sarebbero costretti ad attirare su se stessi l’attenzione con romanzacci sensazionali per procurarsi l’indipendenza necessaria alla produzione di opere geniali (che poi non scriveranno più perché, al momento buono, ne avranno perso il gusto e la capacità). Gli uomini che nel corso del lavoro professionale si siano interessati all’economia o ai problemi di governo, potrebbero sviluppare le loro idee senza quel distacco accademico che dà un carattere di impraticità a molte opere degli economisti universitari. I medici avrebbero il tempo necessario per tenersi al corrente dei progressi della medicina, e i maestri non lotterebbero disperatamente per insegnare con monotonia cose che essi hanno imparato nella loro giovinezza e che, nel frattempo, potrebbero essersi rivelate false.
Soprattutto ci sarebbe nel mondo molta gioia di vivere invece di nervi a pezzi, stanchezza e dispepsia. Il lavoro richiesto a ciascuno sarebbe .sufficiente per farci apprezzare il tempo libero, e non tanto pesante da esaurirci. E non essendo esausti, non ci limiteremmo a svaghi passivi e vacui. Almeno l’uno per cento del¬la popolazione dedicherebbe il tempo non impegnato nel lavoro professionale a ricerche di utilità pubblica e, giacché tali ricerche sarebbero disinteressate, nessun freno verrebbe posto alla originalità delle idee. Ma i vantaggi di chi dispone di molto tempo libero possono risultare evidenti anche in casi meno eccezionali. Uomini e donne di media levatura, avendo l’opportunità di condurre una vita più felice, diverrebbero più cortesi, meno esigenti e meno inclini a considerare gli altri con sospetto. La smania di far la guerra si estinguerebbe in parte per questa ragione, e in parte perché un conflitto implicherebbe un aumento di duro lavoro per tutti. Il buon carattere è, di tutte le qualità morali, quella di cui il mondo ha più bisogno, e il buon carattere è il risultato della pace e della sicurezza, non di una vita di dura lotta. I moderni metodi di produzione hanno reso possibile la pace e la sicurezza per tutti; noi abbiamo invece preferito far lavorare troppo molte persone lasciandone morire di fame altre. Perciò abbiamo continuato a sprecare tanta energia quanta ne era necessaria prima dell’invenzione delle macchine; in ciò siamo stati idioti, ma non c’è ragione per continuare ad esserlo.
[Da: Bertrand Russell, In praise of idleness, George Allen & Unwin Ltd., London, 1935, trad. it. di Elisa Marpicati, Elogio dell’ozio, in Elogio dell’ozio, Longanesi, Milano, 2004, pp. 9-26.]
  1. Il proverbio originale citato da Russell suona così:”Satan finds some mischief still for idle hands to do”, a.s. [↩]
  2. La Young Men’s Christian Association (YMCA) fu fondata nel 1844 a Londra da George Williams e da un piccolo gruppo di uomini in una stanzetta sopra una bottega presso la chiesa di St Paul; i fini dell’associazione, che originariamente erano di natura religiosa si sono poi molto ampliati verso aspetti di socializzazione, di benessere psico-fisico, ecc. a.s. [↩]

mercoledì 23 settembre 2015

Bertrand Russel: stupidita'


« La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. »
Bertrand Russel

mercoledì 2 settembre 2015

Andrea - Donare senza amare e' un'offesa !



Sono passati molti anni da quando, da bambino, raccoglievo nella cassettina per la chiesa i miei piccoli risparmi per i bambini dell'Africa che hanno fame.
Ricordo ancora a chiare lettere cosa c'era scritto nella cassettina:DONARE SENZA AMARE E' UN'OFFESA
Ho sempre messo i miei soldini pensando a questa frase.
Poi sono cresciuto.

I soldini li hanno messi e li mettono i miei figli.
Continuano a metterli tanti bambini per tanti altri bambini che hanno fame.
Adesso che sono un adulto pero' mi sorgono tante domande aggiuntive.

Sono sempre invaso da domande.
Perche’ad esempio viene raccolto del denaro da privati per costruire delle piccole pompe per estrarre l’acqua in alcuni paesetti sperduti invece di creare infrastrutture che potrebbero risolvere problemi a livelli molto piu’ grandi ?
Perche in stati ricchi di petrolio, oro, diamanti ecc. la popolazione muore di fame ?
Perche’ stati cosi’ ricchi non riescono ad avere il denaro per sostentarsi ?
Potrei continuare con un lungo elenco di domande, ma ce ne’ una sola a cui non posso sottrarmi quando vedo questi bambini che muoiono di fame e penso che uno di loro potrebbe essere mio figlio: 

COME POSSONO ANCORA ACCADERE QUESTE COSE ?.
E’ la piu’ semplice delle domande ed ha anche una semplice risposta.
La mia risposta e’ che questo problema sia in grandissima parte il risultato dello sfruttamento che l’Africa sta sopportando.
Prima si chiamava schiavitu’. Ed e’ stata abolita perche’ non rispettosa dei diritti umani.Ora non ha un nome ben definito ma e’ ancora non rispettosa dei diritti umani.
Spero, un giorno, di non dover piu’ mettere dei soldini in quella cassettina …

Andrea